Il Siracusano Gianluca Majeli, presenta venerdì 22 settembre a Palazzolo Acreide il suo nuovo libro “Gli inutili ingombri. Catania tra sviluppo urbanistico e tutela dei beni monumentali e paesaggistici (1939-1968)”

Venerdì 22 settembre a Palazzolo Acreide presso la sede del Museo dei Viaggiatori in Sicilia in via Maestranza 5 si terrà la presentazione del libro di Gianluca Majeli, Gli inutili ingombri. Catania tra sviluppo urbanistico e tutela dei beni monumentali e paesaggistici (1939-1968), Milano, FrancoAngeli 2022.

A discutere insieme all’autore del libro saranno presenti la direttrice del Museo la professoressa Francesca Ghingeri Pantano, il prof. Salvatore Adorno, docente di storia contemporanea presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania, il dottor Roberto Pagliara, autore e divulgatore culturale, esperto in valorizzazione del patrimonio culturale.

L’autore, Gianluca Majeli, siracusano ma da anni residente a Catania è laureato in lettere moderne, dottore di ricerca e cultore della materia in storia contemporanea presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania. Si è occupato di storia della letteratura italiana e ha pubblicato un libro intitolato La mania della letteratura dedicato al poeta siracusano Tommaso Gargallo edito da VerbaVolant Edizioni di Siracusa.

È socio della Società di Storia Patria per la Sicilia Orientale, della Società Siracusana di Storia Patria e della SISAM (Società Italiana di Storia Ambientale).

Attualmente si occupa di tutela dei beni paesaggistici e monumentali con particolare attenzione verso la Sicilia orientale e sta scrivendo una monografia dedicata al rientro in patria della collettività italiana in Libia dopo il colpo di stato del 1969 capitanato da Mu’ammar Gheddafi.

 

 

                                                                                                                   Gli inutili ingombri 

 

 

Il volume mette insieme alcune questioni fondamentali utili a comprendere gli anni Cinquanta e Sessanta del nostro paese attraverso l’analisi del caso Catania: l’urbanistica, il rapporto tra pubblico e privato, la tutela paesaggistica e monumentale, il ruolo delle classi dirigenti, le burocrazie tecniche, il rapporto tra centro e periferia.

A partire dagli anni Cinquanta, nel quadro del boom edilizio nazionale, i lineamenti del paesaggio urbano prebellico del capoluogo etneo furono cancellati su un raggio così ampio da rendere quasi irriconoscibile la fisionomia della Catania degli anni Trenta. Catania non fu certo l’unica città a dovere affrontare la minaccia che l’edilizia montante costituiva per il patrimonio storico. Il problema era di scala nazionale. Il paese era privo di norme adeguate all’entità dei processi in atto: le leggi di tutela del patrimonio storico-artistico, monumentale e paesaggistico approvate dallo stato fascista nel 1939, così come la legge urbanistica varata durante la guerra, alle soglie della caduta del fascismo, si rivelarono strumenti inadeguati a fronteggiare processi d’inurbamento imponenti e rapidissimi. Oltre a ciò, la crescita economica e la modernizzazione del secondo dopoguerra ebbero costi sociali e culturali altissimi.

Il tentativo di modernizzare la città di Catania passò per la legge speciale per il Risanamento di San Berillo, una delle operazioni immobiliari più audaci del dopoguerra che cancellò una porzione di notevole ampiezza del centro storico, lasciando una profonda ferita nel corpo della città.

La mancata approvazione per venti anni del Piano Regolatore Generale fece il resto, permettendo di fatto l’emersione degli appetiti di chi riteneva che fosse legittimo cancellare gli edifici liberty – perché erano degli “inutili ingombri” rispetto all’idea di modernizzazione prevalente – per sostituirli con grandi complessi condominiali, in spregio a un’idea di città più rispettosa della storia cittadina e più sostenibile dal punto di vista umano e ambientale.

S. Bellio